Onorevoli Colleghi! - La riforma dei servizi di informazione e sicurezza è in discussione da molto tempo. Nella scorsa legislatura sono state prese decisioni e sono state effettuate deliberazioni che però non hanno visto il completamento del procedimento legislativo.
      L'attuale struttura vede la presenza del CESIS con funzione di coordinamento, dipendente dalla Presidenza del Consiglio dei ministri, e poi il SISDE e il SISMI rispettivamente collegati al Ministero dell'interno e a quello della difesa con competenze che hanno finito inevitabilmente per intrecciarsi con il mutare degli scenari interni ed internazionali.
      Il terrorismo fondamentalista, i cambiamenti di ogni genere e natura intervenuti in Italia e nel mondo impongono l'aggiornamento di un impianto normativo che risale alla metà degli anni '70.
      Si discute se realizzare strutture unificate o mantenere l'attuale divisione. Questa proposta propende per una struttura unica, ma con un'articolazione interna che garantisca la creazione di agenzie con competenze specifiche, in un quadro di coordinamento ben più chiaro di quello attuale.
      La discussione della riforma non deve, peraltro, rappresentare un giudizio critico sugli attuali servizi. Lo diciamo anche alla luce dell'avvicendamento che è stato deciso dal Governo Prodi nel novembre 2006. I servizi segreti, così come strutturati, sotto la guida di coloro che ne hanno avuto la responsabilità fino all'autunno del 2006, hanno garantito la sicurezza dell'Italia. Le tragedie che hanno investito New York, Washington, Madrid, Londra, non si sono verificate nel nostro Paese. E ciò è dovuto anche all'efficienza ed alla capacità

 

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dei nostri servizi di sicurezza, di chi ne fa parte e di chi li ha guidati.
      L'ipotesi di lavoro avanzata da tanti, oggetto di questa proposta di legge, è di unificare i due servizi e porli alle dipendenze della Presidenza del Consiglio dei ministri. Ciò consentirebbe: a) una efficace ripartizione del lavoro all'interno del servizio riunito, eliminando qualsiasi sconfinamento di compiti; b) una reale unicità di valutazione, esito della fluidità del circuito delle informazioni, che non disorienti chi è chiamato a scelte e a decisioni concrete anche sulla base di quelle valutazioni; c) la piena e unitaria assunzione di responsabilità nella trasmissione di una notizia e nella lettura della stessa; d) un notevole risparmio di risorse, non essendo più necessari tre differenti uffici del personale, di segreteria, e amministrativi; l'accorpamento di tali strutture costituirebbe la fonte principale di risparmio. Questa ipotesi, nel corso di audizioni articolatesi in Parlamento, è stata condivisa dai direttori dei servizi e da larga parte delle forze politiche, di maggioranza e di opposizione. Se, anche in questo caso, l'ostacolo consiste nel timore di concentrare poteri, l'antidoto può correttamente individuarsi in un punto di riferimento decisionale, coincidente con un organismo nel quale siano rappresentati i ministeri interessati (interno, difesa, affari esteri), e in un punto di riferimento propriamente politico, coincidente col Presidente del Consiglio dei ministri, o - come già accade oggi - con un sottosegretario alla Presidenza, ovvero con un ministro che si occupi esclusivamente di intelligence.
      Ma l'urgenza dell'intervento riformatore non si collega soltanto alla razionalizzazione delle risorse e dell'attività informativa, di analisi e operativa. È richiesta pure dalla necessità di mettere a disposizione di chi lavora per questi organismi strumenti giuridici adeguati ai compiti da svolgere, per garantire procedure univoche e trasparenti. Questo esige che si disciplini la possibilità di accedere ai dati in possesso alle pubbliche amministrazioni senza incorrere in violazioni della riservatezza, e senza che le stesse amministrazioni oppongano tale vincolo, e che si chiariscano i confini di quelle che tecnicamente si chiamano «garanzie funzionali». Si tratta di cause di giustificazione per atti che, a determinate condizioni e con le autorizzazioni del caso, i funzionari dei servizi sono abilitati a compiere: atti che, se realizzati al di fuori di tale ambito, costituirebbero illeciti penali.
      Se, al fine di garantire la sicurezza dello Stato, di prevenire attentati, di salvare vite umane, di impedire la distruzione di centrali energetiche, è necessario, per esempio, violare una banca dati o accedere in un luogo privato, la procedura di autorizzazione, e l'assunzione di responsabilità politica che consenta di intervenire, deve essere chiara e priva di ambiguità, per non esporre l'agente a sanzioni penali, altrimenti previste quando questi atti sono posti in essere senza alcuna scriminante. Quel collegamento diretto con il vertice politico da identificare in un'unica figura di snodo del rango di ministro o di sottosegretario, garantisce da rischi di input differenti: rischi non solo teorici se, come è nell'attuale strutturazione, due distinti servizi dipendono da due ministri differenti, a prescindere dalle buone relazioni e dalla omogeneità di vedute che costoro possono avere. Dopo l'11 settembre, facendo tesoro degli errori commessi, gli Stati Uniti hanno intrapreso la strada del tendenziale accorpamento delle strutture di intelligence, individuando un soggetto competente ad armonizzare il lavoro delle varie agenzie di informazioni, ossia il U.S. Director of national intelligence (l'incarico è oggi ricoperto dall'ambasciatore John D. Negroponte), che ha l'ultima parola sul budget delle 15 agenzie di informazione degli USA. In Italia, dove il dibattito sul ruolo dei servizi non ha l'estensione e la non occasionalità che conosce sull'altra sponda dell'Atlantico, è necessario raggiungere il medesimo risultato senza esservi spinti per emergenza o per emotività.
      La riforma dei servizi di informazione costituisce l'occasione per dare seguito, oltre che alle esigenze di ordine generale appena ricordate, a una serie di necessità
 

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di specie. Un rapido sommario di queste ultime è opportuno, per avere un'idea delle difficoltà operative di chi svolge questi compiti, e di quanto sia indilazionabile rispondere in modo chiaro sul piano normativo:

          a) potere di chiedere e di ottenere dai funzionari responsabili delle pubbliche amministrazioni e degli istituti di credito ogni tipo di notizie utili per ricostruire un quadro informativo in chiave di prevenzione e di contrasto del terrorismo. Ciò assume una particolare necessità per i dati riguardanti gli intestatari delle utenze telefoniche e la localizzazione degli apparati di telefonia mobile;

          b) possibilità di utilizzare documenti di copertura per sé e per soggetti ausiliari, cioè non incardinati nel personale dei servizi, ma che tuttavia con essi collaborano operativamente: si tratta di estendere quanto il decreto-legge 18 ottobre 2001, n. 374, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 dicembre 2001, n. 438, prevede per gli ufficiali di polizia giudiziaria in funzione antiterrorismo, ovviamente per operazioni di intelligence individuate, autorizzate, e per la limitata durata delle stesse. La penetrazione informativa sotto copertura non è semplice, per le caratteristiche che presentano le singole cellule: è richiesto un lavoro teso a ottenere la fiducia dei partecipi all'organizzazione terroristica lungo, continuo, strutturato, diffuso e diversificato;

          c) investimenti mirati nel settore dell'analisi. L'elevata professionalità acquisita dalle Forze di polizia italiane nel contrasto a organizzazioni criminali - di tipo mafioso o di natura terroristica interna - ha consentito finora di reggere l'impatto della minaccia terroristica di natura islamica. Lacune esistono invece sul fronte dell'analisi, che risente dell'approccio abbastanza recente da parte dell'Italia a un fenomeno invece maggiormente conosciuto, per ragioni oggettive, in nazioni a noi vicine, a cominciare dalla Francia;

          d) possibilità di reclutare al di fuori delle Forze di polizia e dei dipendenti dello Stato. L'attuale limitazione di fatto genera situazioni di difficoltà con i corpi di polizia, destinatari esclusivi delle richieste di transito di propri uomini nei servizi: si tratta ordinariamente di unità molto valide, e il loro trasferimento comprensibilmente non viene visto con entusiasmo. Ciò, al di là delle ottime intenzioni e degli sforzi di collaborazione, crea problemi oggettivi. Più in generale, precludersi l'utilizzo di persone provenienti dal mondo accademico o da enti o società private vuol dire privarsi di contributi professionali significativi e di fonti di informazioni e di letture della realtà necessarie. Il timore di reclutamenti clientelari può essere fugato dalla predisposizione di requisiti rigorosi, ma soprattutto da una effettiva responsabilizzazione e da una parallela verifica dei risultati. In definitiva, ci si deve chiedere onestamente quanto si ritiene che oggi la sfida di questo terrorismo sia fronteggiabile con l'attuale organizzazione, e se invece la riforma - non più dilazionabile - non fornisca l'occasione per individuare un vero e proprio «statuto» per chi opera nei servizi.

      La scelta più congrua, superando il cosiddetto «modello binario» basato sulla virtuale separatezza di compiti tra un servizio che opera all'esterno ed uno che opera sul territorio nazionale, è quella che privilegia l'adozione di un servizio unico. Con tale configurazione monistica si intende realizzare una aggregazione di competenze e potenzialità, assicurando una maggiore compattezza dell'intera attività operativa, non una concentrazione di «potere». Infatti, l'indiscussa globalizzazione delle minacce e le esperienze maturate negli ultimi anni suggeriscono la creazione di un ente ad indirizzo unitario, che operi ratione materiae, attraverso lo sviluppo di funzioni svincolate dal criterio di territorialità e dotato di robusta capacità di direzione e controllo. La scelta del modello unitario, capace di fondere e razionalizzare competenze, oggi dispiegate in seno al modello binario, consentirebbe di:

          sviluppare processi decisionali maggiormente agili, efficienti e controllabili;

 

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          uniformare modelli, tecniche e prassi operative;

          definire la netta distinzione tra l'intelligence di sicurezza e l'intelligence militare, competenza esclusiva, quest'ultima, delle Forze Armate;

          ottimizzare le risorse, attraverso l'abbattimento di evidenti diseconomie di settore;

          garantire un progressivo innalzamento della sensibilità istituzionale a favore del comparto dell'intelligence nazionale, ottenendo una migliore realizzazione delle politiche informative di sicurezza.

      In concreto, il testo proposto supera l'attuale sistema binario in vigore nel nostro ordinamento per giungere ad una unica struttura, definita «Direzione generale per le informazioni e la sicurezza (DIGIS)». Già di per sé una siffatta soluzione garantisce la nascita di un polo che sia finalmente capace di sintetizzare e stimolare insieme le competenze tecniche che nel nostro Paese in questi anni si sono sviluppate, assicurando una direzione tecnica univoca ed una altrettanto univoca responsabilità. Ed è proprio il principio organizzativo della «unicità del comando» che sembra quello che meglio di altri (la divisione delle competenze, il coordinamento, eccetera) è in grado di assicurare maggiore possibilità di sviluppo del sistema e delle expertise di settore oltre che un più agevole controllo politico e strategico. Alle perplessità relative alla concentrazione di potere in capo ad un singolo individuo, a cui molti si sono richiamati per sostenere l'opportunità di conservare l'attuale sistema, il testo risponde con un miglioramento e ampliamento dei meccanismi di controllo parlamentare ed una maggiore condivisione della strategie di sicurezza tra il Presidente del Consiglio dei ministri ed i ministri maggiormente coinvolti ed interessati a livello istituzionale dalle politiche informative (componenti del Consiglio nazionale per la sicurezza).
      Questi i punti qualificanti della riforma:

          al Presidente del Consiglio dei ministri sono attribuite l'alta direzione e la responsabilità generale della politica informativa per la sicurezza, funzioni che può delegare ad un Ministro senza portafoglio delle informazioni per la sicurezza. Non sono comunque delegabili le funzioni che la legge attribuisce in via esclusiva al Presidente del Consiglio dei ministri e, in particolare, quelle in tema di segreto di Stato;

          la condivisione delle strategie, a livello politico, è assicurata dal Consiglio nazionale per la sicurezza della Repubblica (CNS), istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, con funzioni di consulenza e proposta per il Presidente del Consiglio dei ministri, nonché di deliberazione, in materia di politica informativa per la sicurezza. L'organismo è composto dal Ministro degli affari esteri, dal Ministro dell'interno, dal Ministro della difesa e dal Ministro dell'economia e delle finanze;

          lo schema dei rapporti tra il Governo ed il Parlamento non è dissimile da quello attuale, sebbene siano resi più incisivi i poteri del Comitato parlamentare per la sicurezza. Questo ultimo organismo, composto da quattro deputati e quattro senatori, nominati dai Presidenti dei due rami del Parlamento, esercita il controllo sull'applicazione delle norme che regolano le attività di informazione per la sicurezza; può chiedere informazioni sulle linee generali dell'organizzazione e delle attività del DIGIS e delle agenzie; può convocare il Presidente del Consiglio dei ministri o il Ministro delegato e i membri del Consiglio nazionale per la sicurezza per riferire in merito alle strutture ed alle attività di informazione per la sicurezza;

          quanto all'ordinamento amministrativo, la norma prevede per l'espletamento delle funzioni operative, dunque per il perseguimento della missione istituzionale, l'istituzione di agenzie, mentre per l'esercizio delle attività strumentali l'istituzione

 

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di appositi dipartimenti. Il testo suggerisce, comunque, una prima organizzazione di «abbrivio», e questo per mitigare le difficoltà che certamente si incontreranno nell'effettuare la sintesi strutturale tra i tre organismi al momento esistenti. Più in particolare, l'organizzazione prevista in fase di prima attuazione è caratterizzata dalla presenza di tre agenzie:

              d) Agenzia per le informazioni sul terrorismo e l'eversione (AITE);

              e) Agenzia per le informazioni sulla criminalità organizzata (AICO);

              f) Agenzia per la ricerca e la controingerenza (ARC).

      Per lo svolgimento delle funzioni tecnico-amministrative di supporto alle attività demandate alle agenzie sono altresì istituiti, sempre in prima attuazione, tre dipartimenti:

          d) Dipartimento per la gestione del personale;

          e) Dipartimento tecnico-logistico;

          f) Dipartimento per gli affari amministrativi e legali.

      Nell'ambito della DIGIS operano altresì l'Ufficio centrale per la segretezza e l'Ufficio centrale degli archivi, che dipendono direttamente dal Presidente del Consiglio dei ministri - o, in presenza della delega di cui all'articolo 2, dal Ministro delle informazioni per la sicurezza - pur mantenendo la dipendenza organica e funzionale dal Dipartimento per quanto riguarda le competenze organizzative, amministrative e logistiche.
      Il direttore della DIGIS è nominato dal Presidente del Consiglio dei ministri, previa designazione da parte del Consiglio nazionale per la sicurezza della Repubblica. Per l'assolvimento dei compiti a lui assegnati la norma favorisce, in sede regolamentare, l'istituzione di uno staff operativo che abbia compiti di analisi, programmazione e controllo strategico. Si tratta di un momento organizzativo rilevante poiché la nuova Direzione generale per le informazioni e la sicurezza avrà dimensioni tali da imporre una sorta di «stato maggiore» che possa coadiuvare il direttore nelle attività di monitoraggio, controllo e, non da ultimo, di sintesi analitica di quanto prodotto dalle diverse agenzie.
      Il testo, inoltre, prevede espressamente la nomina di un vice direttore della DIGIS, nominato dal Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del direttore e sentito il Consiglio nazionale per la sicurezza della Repubblica. Il vice direttore avrà tra l'altro il compito di coordinare gli uffici di staff di supporto all'attività del direttore.
      Per la gestione del personale, la norma prevede la costituzione, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri - Direzione generale per le informazioni e la sicurezza - di un contingente speciale del personale assegnato alla DIGIS, determinato con apposito regolamento che dovrà essere emanato entro il termine di sei mesi dall'entrata in vigore della legge. Il regolamento dovrà prevedere l'ordinamento del personale e la disciplina del relativo trattamento economico e previdenziale e, altresì, la definizione dei criteri e delle modalità per attuare il trasferimento presso altre amministrazioni dello Stato del personale degli attuali organismi informativi che, a seguito del processo di riorganizzazione previsto, risulterà non più necessario per le esigenze della DIGIS.
      È importante sottolineare che, nell'esercizio del potere regolamentare di cui sopra, dovranno in ogni caso essere osservati alcuni princìpi che la legge stessa introduce, tra i quali merita menzione lo schema secondo cui il reclutamento del personale mediante assegnazione da altra amministrazione deve avvenire a seguito di apposita procedura selettiva, previa diffusione presso le amministrazioni interessate di avviso che specifichi le competenze e i requisiti di professionalità ed esperienza richiesti per l'espletamento delle singole funzioni, nell'ambito del personale dipendente dalle amministrazioni dello Stato, dalle università, dagli enti pubblici di ricerca ed eventualmente anche dalle altre amministrazioni pubbliche. Anche il reclutamento

 

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del personale mediante assunzione diretta è previsto che avvenga secondo speciali procedure selettive fissate in relazione alle particolari funzioni da espletare.
      Prima di concludere ed esaminare il tema delle garanzie funzionali è necessario sottolineare che lo schema di legge proposto introduce, ai fini della gestione amministrativa e contabile della DIGIS, una serie di deroghe alle leggi ordinarie dello Stato (in particolare la legge 7 agosto 1990, n. 241, e il decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165), facendo salvi una serie di importanti parametri necessari ai fini del controllo o della tutela dei dipendenti e dei loro diritti.
      L'articolato tenta, dunque, anche una regolamentazione dello spinoso problema delle garanzie funzionali, che in realtà costituiscono uno dei principali strumenti di azione dei servizi di intelligence in mancanza dei quali l'efficacia operativa e la stessa natura di questi organismi sono messe seriamente in discussione. La proposta introduce, allora, una speciale causa di giustificazione per il personale della DIGIS che pone in essere condotte costituenti reato, legittimamente autorizzate di volta in volta, in quanto indispensabili alle finalità istituzionali. Essa non si applica se la condotta costituente reato configura delitti specificamente diretti a mettere in pericolo o a ledere la vita, l'integrità fisica, la salute o l'incolumità pubbliche; non si applica altresì ai reati di attentato contro organi costituzionali e contro le assemblee regionali, di cui all'articolo 289 del codice penale, agli attentati contro i diritti politici del cittadino, di cui all'articolo 294 del codice penale, ai delitti contro l'amministrazione della giustizia.
      La garanzia interviene quando la condotta costituente reato è posta in essere nell'esercizio o a causa di compiti istituzionali, in attuazione di un'operazione deliberata e documentata oppure allorquando sia indispensabile per il conseguimento degli obiettivi dell'operazione, che non sono altrimenti perseguibili, e risulta proporzionata al loro raggiungimento, in base ad una compiuta valutazione e comparazione degli interessi pubblici e privati coinvolti.
      La procedura necessaria per l'autorizzazione prevede che sia il Presidente del Consiglio dei ministri o, se delegato ai sensi dell'articolo 2, il Ministro delle informazioni per la sicurezza, a provvedere, su proposta del direttore della DIGIS. Nei casi di assoluta necessità e urgenza, che non consentono di formulare tempestivamente la proposta, il direttore autorizza le condotte richieste e ne informa immediatamente, e comunque non oltre le ventiquattro ore, il Presidente del Consiglio dei ministri, o se delegato ai sensi dell'articolo 2, il Ministro delle informazioni per la sicurezza. Il Presidente del Consiglio dei ministri, o se delegato ai sensi dell'articolo 2, il Ministro, sentito un apposito comitato di consulenza previsto dalla legge e reso indispensabile per coadiuvare il Presidente del Consiglio in scelte dalla notevole delicatezza istituzionale, può ratificare il provvedimento se esso risponde ai criteri dettati dalla norma che qui si discute.
      Il comitato di consulenza è composto da tre membri effettivi e tre supplenti, nominati dal Presidente del Consiglio dei ministri sulla base di indiscussa competenza, prestigio e garanzia di imparzialità.
      Il testo si chiude con alcune norme che intervengono sulla qualifica degli operatori di intelligence, escludendo la possibilità che questi possano rivestire la qualifica di procuratore generale o di personale di pubblica sicurezza. Sono altresì previste norme di organizzazione e a tutela dell'identità riservata degli operatori di intelligence, nonché, in chiusura, disposizioni transitorie necessarie per colmare il breve periodo di vuoto normativo che naturalmente si determinerà.
 

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